Noterelle critiche intorno alla figura di Emanuele Gianturco
Mi è stato chiesto di tracciare un profilo critico di Emanuele Gianturco (Avigliano 20 marzo 1857 – Napoli 10 nov. 1907).
Devo confessare che, pur avendo letto abbastanza del personaggio, non mi sento in grado di tracciarlo; vorrei, però, rispetto alla figura di Gianturco, toccare alcune questioni che mi hanno, e da sempre, alquanto meravigliato ed alle quali non sono riuscito a darmi mai risposte convincenti.
Voglio preliminarmente precisare che, almento per quanto mi riguarda, non sono minimamente in discussione né la grandezza del personaggio, né lo spessore delle sue opere scientifiche.
Ciò che, invece, non sono mai riuscito a spiegarmi sono le ragioni per le quali intorno alla figura di Gianturco si sia sviluppata “una fitta letteratura d’intonazione celebrativa e apologizzante” (così, non io, ma Treggiari in L’esperienza giuridica di Emanuele Gianturco). E, se le intonazioni apologizzanti non riuscivo e non riesco a spiegarmele in linea generale, più in particolare, non riuscivo e non riesco a spiegarmi le ragioni per le quali le intonazioni “apologizzanti”, e non solo al livello letterario, provenivano, provengono e sono promosse, per buona parte, da ambienti politico-culturali della sinistra. E tanto poiché, come è ampiamente noto, Gianturco non solo si schierò a “favore nei confronti della sanguinosa repressione dei tumulti milanesi del maggio 1898”…ma sostenne “decisamente i provvedimenti restrittivi delle libertà di associazione, di stampa e di sciopero presi dal governo del generale Luigi Pelloux (1898-1900)”…schierandosi, poi, “nelle file dell’opposizione conservatrice all’epoca del governo Zanardelli” e polemizzando “contro la politica liberale del governo nei confronti della grande ondata di scioperi agrari e industriali d’inizio secolo”.
Queste brevi annotazioni del Treggiari descrivono un uomo politico, a tutto tondo, decisamente conservatore.
E allora quali possono essere le ragioni delle intonazioni “apologizzanti” degli ambienti politico-culturali della sinistra rispetto alla figura di Gianturco?
Alcune volte, quando ho esternato la mia meraviglia rispetto alla provenienza delle dette intonazioni, ho avuto occasione di verificare che si trattava di vera e propria crassa ignoranza: non conoscenza né del conservatorismo del Gianturco, né di fatti specifici che hanno caratterizzato il personaggio nell’esercizio del potere.
Credo sia l’occasione buona per elencarne alcuni.
Comincio con quello che per me è il più grave e che, nonostante avesse avuto all’epoca una certa risonanza sia a livello di stampa giuridica che politica, è poco conosciuto.
Il fatto. Nel 1900, il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione di Napoli F.S. Gargiulo, in qualità di testimone, avanti al Tribunale di Napoli, depose il falso in favore del sindaco (e deputato) Alberto Aniello Casale. La bugia del Gargiulo venne documentalmente smentita sia dalla relazione della Commissione Governativa di inchiesta che dalla stessa sentenza del Tribunale. Il comportamento spergiuro del sostituto procuratore Gargiulo venne stigmatizzato, nella sua requisitoria, dal Pubblico Ministero di udienza De Notaristefano. Relativamente a detta vicenda, ha scritto recentemente Mario Cicala che “il Ministro della Giustizia Emanuele Gianturco inflisse un ammonimento «severo», non al Gargiulo bensì al pubblico ministero di udienza De Notaristefano che aveva osato nella sua requisitoria deplorare il comportamento del collega spergiuro” (Mario Cicala, Spunti per una riflessione sulla deontologia giudiziaria). Un giornale del Foro dell’epoca, così commentò la vicenda: «Fa meraviglia come in uno dei rari momenti nei quali tutto il paese è unanime nel far plauso alla magistratura, debba esser proprio il Guardasigilli colui che se ne mostri dolente». («La Tribuna Giudiziaria», 18 novembre 1900).
Due giorni prima della Tribuna Giudiziaria, L’Avanti, il giornale dei socialisti italiani, aveva così commentato “La pietosa bugia”: “Leggiamo testualmente nel Roma: Per ordine del ministro Gianturco, il cavaliere Mazzola, procuratore del re, ha rivolto un ammonimento al sostituto De Notaristefani, per avere questi, nel processo Casale, censurata, nella sua requisitoria, la dichiarazione del sostituto procuratore generale Gargiulo. La giustizia degli antichi fu simboleggiata bendata, perchè non deve avere riguardi per nessuno. Inoltre il nostro Statuto sancisce la massima: La legge è uguale per tutti. Auguriamo al giovane censurato altri simili trattamenti, perchè la coscienza pubblica sarà con lui” (l’Avanti del 16 novembre 1900).
E’ stato scritto recentissimamente che Gianturco, col tempo, “divenne più «autoritario», e suoi, quale Ministro dell’Istruzione, furono i provvedimenti di censura nei confronti di Maffeo Pantaleoni e Antonio Labriola, rei di aver criticato dalla cattedra il governo, che gli valsero l’esser bruciato in effige dagli studenti della Sapienza. Uguali contestazioni subì per il suo appoggio alla repressione dei tumulti milanesi del 1898, e la sua conduzione della vicepresidenza della Camera contro l’ostruzionismo parlamentare” (Pier Francesco Monateri, Dizionario del Liberalismo italiano).
Per meglio inquadrare la censura al professore socialista Antonio Labriola è opportuno ricordare che, il discorso incriminato dal Gianturco e che valse al Labriola non solo la censura ma anche la non pubblicazione sulla stampa istituzionale universitaria, era la prolusione all’anno accademico 1986/1987 della Università “la Sapienza di Roma”.
La prolusione venne poi pubblicata, ed a sue spese, da Benedetto Croce. Quest’ultimo così concluse la sua breve presentazione: “E non mi resta da dir nulla per mio conto, se non che io sono orgoglioso di presentare al pubblico questo discorso, per sentimenti e per pensiero uno dei più elevati che si sieno mai sentiti nelle aule delle Università italiane”.
Il discorso che per sentimento e pensiero venne considerato dal liberale Croce tra i più elevati sentiti nelle università italiane valse al Prof. Labriola la censura del Ministro dell’Istruzione Gianturco.
Mimì Pace