AVIGLIANO: IL DRAMMATICO DECLINO DI UNA CITTA’ IL CIRCOLO VIZIOSO DELLO SPOPOLAMENTO
di Mimì Pace
Breve premessa
Per meglio rappresentare la situazione in cui versa il comune di Avigliano sotto l’aspetto dello spopolamento, ritengo opportuno fornire, preliminarmente, le seguenti informazioni.
L’anno scorso è stato presentato, presso la Camera dei Deputati, il “Rapporto Montagne Italia 2017”, della Fondazione Montagne Italia, struttura di ricerca dell’UNCEM e di FEDERBIM.
E’ anche opportuno precisare che l’UNCEM è l’associazione nazionale dei Comuni e degli Enti montani.
In detto “Rapporto” si afferma che “uno degli indicatori per misurare lo stato di un territorio è la demografia e gli Appennini, ancora più delle Alpi, scontano una situazione drammatica: nel 2016, in un solo anno, hanno perso lo 0,61% della popolazione”.
Il “Rapporto” considera la perdita, in un anno, dello 0,61% della popolazione residente, un dato drammatico.
Perchè ho iniziato con la citazione di questo “Rapporto” istituzionale?
Perchè vorrei evitare, ma sono consapevole che sarà difficile, che le cose che dirò più avanti vengano interpretate come strumentali e/o politicamente finalizzate.
La prova che sarà difficile che non si parli di strumentalizzazione politica l’ho avuta nel consiglio comunale di qualche giorno fa dove, oltre a mettere in discussione la veridicità dei dati che seguono, sono stato accusato addirittura di “terrorismo”!
Ho maturato il dubbio che, poichè i dati che seguono sono reali, sono purtroppo proprio loro a terrorizzarci.
I dati drammaticamente allarmanti dello spopolamento di Avigliano.
L’ISTAT ci dice che la popolazione residente nel Comune di Avigliano alla data del 31.12.2005 era costituita da 12.069 abitanti; la popolazione residente al 28.02.2018 è costituita, invece, da 11.315 abitanti.
E’ il caso di far rilevare, altresì, che i dati evidenziano che gli stranieri residenti alla data del 31.12.2005 erano meno di venti; mentre gli stranieri residenti al 31.12.2017 sono 214.
Se non si tiene conto degli oltre duecento stranieri, i numeri evidenziano, nel predetto periodo, una differenza in negativo della popolazione aviglianese di circa 900 persone.
Nel giro di poco più di dieci anni il Comune di Avigliano ha quindi perso quasi 900 cittadini aviglianesi.
Per intenderci, è come se l’intera popolazione di una frazione come Sant’Angelo, Possidente o Lagopesole, sia sparita.
E, se si guardano i dati anno per anno, ci si rende conto che v’è la descrizione di un declino che, se non lo si studia e non si mette mano a politiche pubbliche adeguate, potrebbe diventare inarrestabile.
I dati ci dicono, ancora, che il decremento di popolazione è iniziato con una perdita di 20-30 abitanti all’anno nel tiennio 2006, 2007 e 2008, per arrivare agli oltre centoventi del 2015, 2016 e 2017). E tutto ciò è accaduto nonostante, specie negli ultimi anni, la popolazione residente ad Avigliano sia stata incrementata, annualmente, di diverse decine di arrivi internazionali.
Contro l’atteggiamento giustificazionista.
Poichè, come già detto, mi è già capitato di accennare pubblicamente alla questione, sono consapevole di urtare la suscettibilità dei molti che, quasi meccanicisticamente, risponderebbero: “Sì, va bene, ma è una situazione generalizzata; tutta la Regione Basilicata soffre, da tempo, di un decremento di popolazione”.
Il dato in assoluto è vero. La regione Basilicata sta subendo un fenomeno di spopolamento da oltre due decenni.
In passato è accaduto, però, che mentre la Regione Basilicata nel suo insieme perdeva popolazione (anni ’90 e prima metà del primo decennio del 2000), il Comune di Avigliano, in controtendenza, aumentava la popolazione residente. Abbiamo avuto, come Comune di Avigliano, oltre un trentennio di lenta crescita della popolazione residente. Siamo passati dai meno di undicimila abitanti del censimento ISTAT del 1971 ai 12.069 abitanti del 31.12.2005. Dopo il 2005 la popolazione residente è andata, inesorabilmente, diminuendo.
Ma il dato oltremodo drammatico è che da qualche anno il Comune di Avigliano perde popolazione con una velocità doppia rispetto a quella regionale. Infatti, se il decremento della popolazione regionale ammonta a poco più dello 0,50 per cento all’anno, quello del Comune di Avigliano ammonta a più dell’uno per cento all’anno. Il Comune di Avigliano che ha viaggiato per qualche decennio in controtendenza rispetto al trend di spopolamento regionale (aumentava i residenti quando la Regione nel suo insieme li perdeva), oggi perde, in termini percentuali annuali, il doppio di quanto ne perde la Regione Basilicata nel suo insieme.
Anche qui, pregherei che non mi si obiettasse che il decremento di popolazione è dovuto al saldo negativo tra nascite e decessi.
Infatti, se volessimo attribuire il decremento di residenti alla sola differenza tra i decessi e le nascite faremmo un grave errore. La differenza tra i morti ed i nati tra il 2005 e il 2016 ha un saldo negativo di 233, mentre la popolazione aviglianese persa, se si tiene conto degli oltre 200 stranieri nel frattempo acquisiti come residenti ad Avigliano, è di circa 900 persone. Se ai circa 900 residenti in meno si detraggono le 233 dovute al saldo negativo per i decessi, mancano comunque all’appello settecento persone non più residenti.
Non dobbiamo solo prendere atto che il saldo tra i decessi ed i nati è negativo, dobbiamo prendere atto che la gente se ne va; e se ne va con una percentuale doppia rispetto a quella regionale che, già di per sé, è considerata drammatica.
Nei numeri c’è la descrizione di un declino, lento ma inarrestabile se non si mette mano con politiche adeguate.
Lo spopolamento come circolo vizioso.
In un recente studio è stato sottolineato che “tra i fenomeni economici, la crescita economica e i fenomeni demografici, c’è un rapporto molto forte”… “Un libro molto noto ha ribadito che la crescita, cioè l’aumento del PIL, è fortemente legato alle dinamiche demografiche. Per cui in passato abbiamo avuto una grande crescita del PIL anche collegata alla grande crescita demografica, il che significa che quando la popolazione diminuisce molto difficilmente si può avere un fenomeno di crescita del PIL. La seconda considerazione riguarda il fatto che i fenomeni demografici, più di qualunque altro fenomeno sociale, hanno una fortissima inerzia. Il che significa che le grandezze che normalmente fanno parte della demografia (natalità, mortalità, nuzialità, etc.) cambiano molto lentamente nel tempo”…
… “Lo spopolamento è un fenomeno del tipo circolo vizioso. Cioè un fenomeno che si autoalimenta: più un comune, un territorio, perde popolazione, più è destinato a perderne altra. Perché meno popolazione significa meno domanda di servizi e di conseguenza meno servizi” (Alcune idee sullo spopolamento in Sardegna, Gianfranco Bottazzi).
Insomma il circolo vizioso che si mette in moto autoalimentandosi funziona così: diminuisce la popolazione si riducono i servizi, si riducono i servizi e la gente se ne va.
So di dire una cosa sgradita soprattutto ai “malati” di “aviglianite”, che sono in tanti: la drammatica diminuizione della popolazione aviglianese è anche un duro colpo alla stessa tanto decantata identità aviglianese. Ma, se questa cosa sgradita riesce ad attirare l’attenzione ed a produrre oltre che qualche amarezza una sana discussione, poco male.
Cosa fare: lo spopolamento non è inesorabile, ma dipende dalle politiche pubbliche.
Cosa fare per ridurre i fattori di abbandono della popolazione residente e per potenziare quelli attrattivi di nuova residenzialità?
La cosa da evitare, proprio perchè la storia ci dice che lo spopolamento è un circolo vizioso che si autoalimenta, è quella di nasconderlo o di sottovalutarlo. Si tratta di prenderne atto senza reticenze e senza ridimensionarne la gravità.
Le reazioni verbali scomposte, come quelle del consiglio comunale sopra citato, non servono, anzi sono deleterie.
So di dire un’ovvietà, ma credo che per prima cosa bisogna capire perchè la gente se ne va. E per capirlo bisogna mettere il fenomeno al centro dell’attenzione delle istituzioni, delle forze politiche e sociali, oltre che culturali. Solo in questa maniera si avrà la possibilità di comprendere lo stesso fenomeno nella sua complessità, per mettere in campo politiche pubbliche capaci di contrastarlo.
Nel “Rapporto” di cui alla breve premessa iniziale si legge: “Lo spopolamento della montagna non è inesorabile… non dipende semplicemente dall’orografia, ma dipende dalle politiche, e precisamente dalle politiche pubbliche” .